Siamo io, mio fratello e la ragazza di mio fratello.
Francesca ha anche la sua cagnolina, che nel mio sogno ha l'aspetto di un piccolo setter beige e bianco con una bandana rossa. Peggy, si chiama.
Siamo tutti e tre insieme a fare una mini vacanza di un giorno in un posto tipo acquafan con visite culturali annesse.
Siccome io c'ero già stata - quando?! con chi? e PERCHE'?- ho consigliato di andare a vedere questo vecchio monastero del 1200 circa perchè rimasto esattamente com'era (quindi con abiti, letti, ciotole in legno..tutto come lo avevano lasciato i frati - e in più c'era la possibilità di fare un percorso attraverso le segrete.
Arriviamo lì e c'è questo SPLENDIDO monastero grande quanto un castello, quasi totalmente integro.
Entriamo e la mia passione per gli edifici abbandonati inizia a farsi sentire da subito... apro cassetti, sfoglio libri, annuso qui, tocco là... fino a che perdo di vista i due piccioncini che erano con me.
Allora, giustamente, penso : " vorranno fare il giro da soli....".
Così continuo la mia "gita" in completa solitudine chiedendomi come mai ci fosse così poca gente.
Toccando,osservando e immaginando, arrivo all'ingresso del percorso all'interno delle segrete.
La tizia mi ricorda che se soffro di claustrofobia è il caso di uscire da un'uscita secondaria posta vicino all'ingresso di un tunnel in salita completamente al buio largo 45 cm.
La mia scelta è ovvia, ESSENDO DA SOLA. Appena ci arrivo, esco, e concludo il tour.
Parto tutta contenta, tocco le mura, annuso l'odore di vecchio, guardo ogni singola stanza fino a che... arrivo ad uno spiazzale ENORME sottorraneo con dell'acqua calda che scende dalle pareti.
E' una specie di piscina di mattoni, ma molto più affascinante di quanto io possa descriverla.
Edera sui muri, penombra che entra dal soffitto, odore di mura antiche e un leggero vapore sulla superficie dell'acqua calda.
Mi alzo i pantaloni fino a sotto al ginocchio e immergo i piedi, rimpiangendo il fatto di non aver portato ne la macchina fotografica ne un libro. La sensazione di pace è favolosa.
Poi sento un barrito.
Si. UN BARRITO.
Giro lo sguardo in quella direzione ed eccolo li.
Un meraviglioso elefante che si sta abbassando nell'acqua e che ruota lentamente la testa a destra e sinista, sventolando quelle sue maestose orecchie giganti.
Mi guarda. Un altro piccolo barrito. Poi allunga la broboscide verso di me. E io mi avvicino allungando la mano verso quel meraviglioso gigante buono.
Arrivo a sfiorarlo quando sento dei guaiti.
E riconosco subito Peggy, la cagnolina della fidanzata di mio fratello.
Guardo l'elefante e guardo la direzione da cui è arrivato il verso.
Do al pachiderma due pacche dolci sulla guancia e inizio a correre verso quel corridoio di mattoni arancioni pieno d'acqua.
La penombra mi aiuta a capire dove sto andando fino a che non arrivo in un punto in cui sulla parete alla mia sinistra l'acqua cade in un altro corridoio. Mi abbasso sotto questo arco ed eccola li. Legata ad un porta torcie di metallo, tutta bagnata fino a metà zampa e completamente nel panico.
Scivolo da quel buco ad arco seguendo la mini corrente e corro dalla cagnetta.
La slego, la coccolo e mi guardo attorno.
L'unica via è un corridoio sotto la cascatella d'acqua da me usata prima per scendere.
Guardo la cagnetta, me la prendo in braccio e mi "tuffo" sotto la cascata.
Passata all'interno, metto giù Peggy e vedo questo corridoio FREDDO, buio quasi totalmente che prosegue dritto per chissà quanto, ancora.
L'acqua continua a scorrere ta le mie gambe e ta quelle di Peggy, abbiamo entrambe le caviglie completamente immerse in un torrente d'acqua e siamo completamente bagnate.
Prendo il guinzaglio, la guardo e le dico " ANDIAMO ".
Panico.
Buio, Freddo, Rumore di acqua insistente nella mia testa.
Camminiamo per non so quanto, io tastando la parete con la mano destra e Peggy non muovendosi da in mezzo le mie gambe.
Poi una luce.
Senza pensarci troppo, aumentiamo il passo.
Arriviamo ad un passo dalla luce quando mi accorgo che l'arco che permette la comunicazione con l'altra stanza ben illuminata è chiusa da una specie di plexiglass trasparente.
Allungo la mano per vedere quanto è resistente e capisco subito che una spallata non sarebbe bastata.
Poi sento il guinzaglio tirare.
E' Peggy che ha trovato un buco all'angolo e lo sta mordicchiando.
Il pannello si era sollevato di qualche centimentro
Bastava sollevarlo ancora un po' e almeno Peggy sarebbe uscita.
Levo il guinzaglio e il collare al cane, in modo che non si sarebbe strozzata o impigliata da qualche parte e inizio con tutta la mia forza a sollevare quell'angolino.
E' pesantissimo e spesso parecchi centrimentri.
Mi siedo nell'acqua e aiutandomi con piedi, ginocchia, gambe, gomiti riesco, in qualche modo ad aumentare l'apertura.
Peggy saebbe dovuta passare sulla mia pancia, scendere tra le mie gambe e poi uscire.
"Vai Piccola, ESCI, vai!"
Lei mi guarda.
"VAI DI LA! ESCI!"
Si siede.
"PEGGY PER LA MISERIA TE NE VUOI ANDARE DA QUA?!"
Si sdraia.
"Peggy che intenzioni hai? mi sta venendo un'ernia! VAI FUORI!"
Niente.
Mollo il pannello che fa un rumore così ASSURDO che rimbomba per tutto il tunnel facendo alzare la cagnetta che osserva il buio con l'attenzione che solo un cane puo' avere per il nulla....
Sto per avvicinarmi al cane quando sento dietro di me delle voci.
DEI TURISTI, in lontanza.
E stanno contemplando qualcosa che io da qua non vedo.
Inizio a tirare pugni sul pannello e a urlare.
Peggy abbaia a tal punto che il suo eco le fa risparmiare un po' di voce.
Poi eccolo li. L'elefante. Inizialmente vediamo solo la broboscide, poi gli occhi e poi tutta la tua testa.
Le voci sono sempre piu' lontane.
Sta camminando lentamente facendosi aria con le orecchie. E' a pochi metri da noi, se non ci fosse quel pannello avremmo potuto raggiungerlo in tre passi.
Si ferma esattamente davanti .
Si gira e sembra quasi vederci, nonostante l'oscurità.
Fa un barrito, ma questa volta non dolce e tranquillo come quelli che avevo sentito prima.
Questa volta era un URLO.
Un urlo così assordante che mi sveglia.....
Devo capire.
Devo capire il significato...
Stavolta ne ho bisogno.